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Il ruolo educativo del padre

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Dopo un periodo piuttosto lungo in cui la società occidentale ha assistito ad un processo di declino della funzione paterna e ad una crisi generale della paternità, ora la figura del padre si trova al centro di una riscoperta del suo ruolo fondamentale.
A partire dalla fine degli anni ’60, il ruolo del padre e il modo di esercitare la sua funzione nella relazione con i figli sono stati entrambi modificati profondamente; la paternità ha perso rilevanza rispetto alla maternità, sia a livello giuridico che sociale. Che la situazione sia voluta o subita, di fatto oggi il padre risulta essere il grande assente in tutto ciò che concerne il sano sviluppo e l’educazione dei figli.
Riflettendo sulla funzione paterna e sulla crisi che la paternità ha attraversato, sui cambiamenti socio-culturali avvenuti e su quelli che probabilmente avverranno, sui modi concreti in cui il ruolo del padre s’incarna oggi e sull’attuale primato del modello materno, è fondamentale richiamare l’attenzione sul fatto che i figli, per crescere in maniera equilibrata, hanno bisogno di un padre e di una madre, di due figure complementari tra loro che sappiano fare gioco di squadra, senza confusione dei ruoli. È sempre maggiore il numero di bambini che crescono con solo metà di ciò di cui hanno bisogno. È probabile che saranno solo la metà di ciò che potrebbero essere.
Da qui nasce la necessità di riaffermare con forza l’importanza del ruolo paterno nel nostro contesto storico e sociale e di chiarire che esso non può essere solo un “fac-simile” di quello materno, perché l’esercizio della paternità non va ad occupare lo spazio che, eventualmente, “avanza” alla madre, ma ha delle caratteristiche proprie. In ambito psico-pedagogico si fa riferimento all’esistenza di due distinti codici educativi: il codice educativo materno e il codice educativo paterno. Non si tratta di una distinzione di genere maschile o femminile, s’intende piuttosto far riferimento a un diverso atteggiamento, a due modalità differenti, con cui si affrontano i processi che portano alla crescita e allo sviluppo dell’identità personale dei figli.
Il codice educativo materno è quello preposto alla cura, e attiene alla protezione del bambino, alla soddisfazione dei suoi bisogni, alla sua gratificazione, alla compiacenza. Nel primo anno di vita la prevalenza di questo tipo di codice è fondamentale. Il neonato necessita d’instaurare una relazione simbiotica con la madre, improntata alla cura e all’accudimento che è fondamentale per la sopravvivenza e l’acquisizione di alcune importanti competenze di natura psichica come l’attaccamento e l’autostima. Man mano che cresce e si sviluppa, il bambino, soprattutto a partire dal terzo anno di vita, ha bisogno tuttavia anche di essere sostenuto nel processo che lo conduce all’autonomia. Il codice paterno è il codice che presidia questo processo. Porre limiti, definire regole, stimolare alla conquista della vita, rendere responsabili: queste sono funzioni tipiche del ruolo paterno. Bisogna prendere in seria considerazione l’importanza e il ruolo fondamentale che il padre riveste nella crescita del figlio e nello sviluppo della sua personalità. Il codice paterno aiuta il bambino nel doloroso processo di separazione dal “grembo” materno per uscire dalla con-fusione e arrivare all’individuazione, all’affrancamento di sé, a uscire dall’onnipotenza. Il padre ha il compito di favorire l’autonomia dei figli, promuovere il primo abbozzo di coscienza e di disciplina degli impulsi, il senso del limite, le regole di vita, la socializzazione. In questo senso egli si presenta come un “altro” dalla madre, mediatore del mondo esterno, primo interprete della realtà: rappresenta “l’alterità”, il mondo esterno, gli “altri”.
Oggi accade, in modo diverso dal passato, che entrambi i codici educativi siano attuati sia dalla figura maschile che da quella femminile, assistiamo ad una maternalizzazione del codice paterno. Attualmente i padri ci sono, ma rischiano di fare “maternage”, di rendere fragile la vita e prolungare la dipendenza affettiva, lasciando il processo di separazione-individuazione meno netto, con una conseguente maggiore incertezza nell’emancipazione dei figli dalla dipendenza familiare e con ricadute negative nello sviluppo dell’identità personale.
Il modo di incarnare concretamente la funzione paterna dipende in larga misura dal tipo di relazione vissuta all’interno della coppia genitoriale. In concreto, bisogna che la madre si dimostri disponibile a far entrare il padre in relazione con il figlio, visto che nei primi anni di vita, è soprattutto la donna ad avere un contatto stretto e diretto con il bambino. La relazione tra padre e figlio si costruisce in maniera progressiva e in funzione della modalità con cui l’uomo sceglie di vivere la propria paternità, ma anche in funzione degli spazi che la donna gli concede. Il padre non può sostituirsi né sovrapporsi alla madre, ma deve gradualmente inserirsi nel rapporto madre-bambino, fino a trasformare la diade in triade. È un lavoro che non può essere compiuto dal padre, da solo; questi ha bisogno dell’aiuto della moglie. Il padre non è l’elemento opzionale delle relazioni familiari, ma l’altro polo di un amore “bicromatico” di cui i figli hanno bisogno per crescere in maniera sana ed equilibrata, dal momento che la vita si propaga su due direttrici parallele, maschile e femminile, e la riuscita non è nell’annullamento delle differenze dei due sessi, ma nella loro comune destinazione.
L’essere padre comprende funzioni essenziali per la crescita di un figlio, maschio o femmina che sia. La paternità interviene direttamente nella strutturazione della personalità di un bambino, gli consente di evolvere sul piano dell’autonomia e dell’indipendenza e, pertanto opera perché si compia pienamente il processo d’individuazione. L’assenza del padre o la carenza di questa funzione sono sempre collegate a difficoltà e disagi che bloccano o impediscono lo sviluppo psicologico di un bambino.
Una delle caratteristiche più significative della funzione paterna rimane anche oggi quella di rappresentare l’autorità e il pensiero razionale, logico. Da questa rappresentazione deriva che il padre favorisce il processo di separazione dalla madre e introduce il figlio, attraverso il linguaggio e le regole, nell’universo delle relazioni sociali, nel mondo del pensiero razionale. Al padre è simbolicamente affidato il compito di traghettare gradualmente il proprio figlio dal territorio del materno a quello della società, favorire l’emancipazione dall’infanzia e sollecitarlo a divenire adulto e autonomo, capace di una sicura identità sessuale e con intelligenza e creatività in grado di entrare in contatto con il mondo.
Inoltre tra le funzioni paterne vi è quella di costituire per i figli un valido riferimento di sostegno, che favorisce il processo di identificazione sessuale, sia nel maschio che nella femmina. Per entrambi, infatti, il padre assume una funzione importante, perché la sua capacità di differenziare il ruolo maschile da quello femminile consente a essi di riconoscere gli aspetti della loro individuale sessualità.
Il padre infine influenza direttamente lo sviluppo cognitivo dei figli. Promuovere la capacità dell’autonomia significa infatti incidere anche sullo sviluppo di un pensiero indipendente e maturo, dotato di capacità critica. Padri aperti, disponibili a spiegare le ragioni di una regola o di un divieto, capaci non tanto di provvedimenti punitivi, quanto di atteggiamenti disciplinari autorevoli e ragionevoli, permettono ai figli di maturare più facilmente sul piano intellettivo. Allo stesso modo questa disponibilità a comprendere e rispettare le esigenze dei figli, a discutere con loro nella ricerca delle possibili soluzioni a un problema sembra pure favorire sia la flessibilità del pensiero che la curiosità e la creatività.



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