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Il cyberbullismo fenomeno de-umanizzante

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Sono sempre più in aumento episodi di violenza “virtuale”, dove vittime designate vengono umiliate sui social in modo crudele e senza pietà, da cyberbulli sprezzanti (e dall’indifferenza o dal silenzio colpevole di tanti coetanei responsabili di un cybermutismo inquietante e spettrale).
Una definizione ampiamente condivisa di cyberbullying è: “Un atto aggressivo ed intenzionale compiuto da un gruppo o da un individuo, ripetuto e che dura nel tempo contro una vittima che non si può facilmente difendere” (Smith et. al., 2008). Il cyberbullo può agire anonimamente e diffondere offese tramite il web ad un pubblico potenzialmente illimitato.
Il cyberbullismo (cyberbullying) mostra elementi di continuità con il bullismo tradizionale, ma nello stesso tempo presenta nuove e specifiche caratteristiche: un elevato numero di astanti (bystanders) che molto spesso non conoscono la vittima; una modalità di aggressione che non prevede una relazione faccia a faccia tra il bullo e la vittima (da cui deriva il fatto che il bullo non può vedere gli effetti del suo gesto sulla vittima e quindi non può innescare meccanismi empatici che limiterebbero gli attacchi); la possibilità per i bulli di agire nell’anonimato.Inoltre, l’elemento della ripetizione nel tempo degli atti aggressivi perpetrati dal bullo deve essere riconsiderato alla luce delle caratteristiche della comunicazione in ambiente virtuale. Un solo episodio, divulgato a migliaia di astanti, ad esempio attraverso YouTube, può arrecare un potenziale danno alla vittima anche senza la sua ripetizione nel tempo; il video o il post su un blog è sempre disponibile, può essere visto da migliaia di persone in tempi diversi.
L’altro elemento che distingue il bullismo tradizionale dal cyberbullismo (cyberbullying) è il richiamo allo squilibrio di potere tra il bullo e la vittima: il mezzo elettronico non necessita di un potere mediato, per esempio, dalla forza fisica. Infatti, anche una sola persona, nel chiuso della propria stanza e senza particolari doti fisiche, può compiere atti di bullismo su un numero illimitato di vittime con poche operazioni telematiche.
Infine va considerato l’aspetto di intenzionalità legato all’atto aggressivo: se nel bullismo tradizionale è relativamente immediato leggere l’intenzionalità nelle azioni del bullo, nel cyberbullismo (cyberbullying) la responsabilità può essere estesa e condivisa anche a chi “semplicemente” visiona un video e decide di inoltrarlo ad altri.
Come è possibile che il fenomeno del cyberbullismo stia diventando così virale! Cosa impedisce agli adolescenti di oggi di percepire le conseguenze reali del loro agire, di cogliere il dolore dell’altro, di non essere più in grado di autoregolarsi rispettando i limiti e il vivere in modo sano le relazioni. Per spiegare tanta crudeltà dobbiamo pensare ad un processo più radicale, che porta alla inesorabile accelerazione di una perdita dell’umano, una sorta di de-umanizzazione sociale (e social), dove le vittime, sono spogliate dell’umano e oggettificate. Siamo più crudeli, perché i processi di de-umanizzazione sono più prepotenti, più pervasivi e più persistenti. E forse in questo il dilagare della tecnologia gioco un ruolo non secondario!



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