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Educare all’autonomia

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Uno degli obiettivi più importanti dell’educazione familiare è aiutare i figli a crescere in autonomia. Quella dell’autonomia è, perciò, una prospettiva di fondo dell’educazione familiare, che accompagna l’impegno dei genitori lungo tutto il processo formativo del figlio. Essa richiede sostanzialmente di assecondare, senza ostacolare quello che si può considerare il percorso naturale dell’autonomia, perché questa è, in un certo senso, una spinta intrinseca al processo stesso di crescita di ogni bambino. Se, infatti, il dinamismo della crescita non subisce ostacoli o alterazioni nelle relazioni con le persone significative, ogni bambino è naturalmente spinto a immaginare, escogitare, creare, esplorare, fare da sé, distinguersi dagli altri. E questi sono tutti passi lungo la via che porta progressivamente all’autonomia.
Porre continuamente limiti, intervenire in ogni situazione che i figli devono affrontare, stare troppo “col fiato sul collo” a un bambino quando gioca perché non si sporchi o non si faccia male, è il metodo migliore per crescere persone insicure e poco autonome e, a volte, per indurre proprio quei comportamenti che si vorrebbero evitare. L’impulso esplorativo spinge il bambino sin dalla prima infanzia ad entrare sempre più in contatto con la realtà che lo circonda. Dapprima è il bisogno di vedere, toccare, sperimentare le cose; il bisogno di un’esperienza sensoriale, che lo aiuta via via a percepire l’alterità rispetto a lui, di oggetti e persone con cui entra in contatto, quindi la forma e il confine delle cose, il senso dello spazio e del limite fisico. In seguito è il bisogno di capire la struttura della realtà: il perché delle situazioni, delle cose che accadono, degli eventi naturali e umani.
Ma è proprio attraverso queste esperienze che il bambino comincia a esplorare le sue possibilità, a sviluppare l’autocontrollo, ad addestrarsi all’esercizio della volontà. L’educazione all’igiene del corpo, alla parola, al piatto quando mangia, al ritmo della pulizia, al controllo dei suoi muscoli, degli impulsi, dei desideri, a organizzare i suoi giochi, ecc. esigono una risposta adeguata, un giusto spazio di libertà ed esperienza, autonomia, successo, conoscenza e padronanza di sé. Genitori troppo severi limitano la libertà di movimento del figlio, impoveriscono e mortificano l’espressione delle sue possibilità, rendendolo remissivo, inibito, insicuro, timoroso e incapace di risposte spontanee, timido e isolato, con poca iniziativa. Inoltre l’atteggiamento troppo teso degli adulti aumenta la probabilità di incidenti. Quando i divieti sono troppi, il bambino non li ascolta più; se si allenta il controllo, si scatena pericolosamente.
Atteggiamenti eccessivamente iperprotettivi da parte dei genitori non rispondono ai bisogni dei figli ma piuttosto a quello dei genitori, rendendo difficile lo sviluppo di una sana autonomia del bambino.
La reazione di un bambino a un eccesso di iperprotezione da parte dei genitori può essere la paura e il ritiro in se stessi (il bambino si aggrappa alla mano della mamma, non desidera uscire, si spaventa facilmente) o la provocazione (il bambino per reazione accentua i comportamenti pericolosi).
Entrambe le strategie, che ora abbiamo estremizzato per esemplificare meglio la questione, hanno una funzione: mantenere vicina la figura del genitore e affidare a lui il compito di regolare i propri comportamenti e le emozioni. Nel caso del ritiro questa funzione è forse più evidente: il bambino resta vicino all’adulto e non osa esplorare il mondo, perché pensa di non potercela fare (e, forse, dentro di sé pensa che l’adulto non ritiene sia una buona cosa se lui si allontana autonomamente, anzi questo suo autogestirsi, da “grande”, potrebbe fargli perdere l’amore di mamma e papà). Nel caso della reazione provocatoria, solitamente il risultato è che il genitore inizia a richiamare con maggiore veemenza il bambino o addirittura si vede costretto a rincorrerlo o punirlo: in pratica, il bambino non si pone dei limiti da solo (forse pensa di non saperlo fare o che, se impara a darsi dei limiti da solo, il genitore non gli sarà più vicino), mentre ci pensa sempre il genitore a contenerlo e regolarlo nei comportamenti.
Certamente ogni bambino è diverso: c’è quello più timido che ha bisogno di maggiore incoraggiamento e sostegno e c’è quello irrequieto che va in parte contenuto, va aiutato a dominarsi nell’impulsività, nella sua aggressività. Il senso della responsabilità è una conquista che ogni bambino deve sviluppare, tenendo conto delle sue caratteristiche individuali.
Il concetto di autonomia vuol significare la capacità e la competenza di darsi delle regole, delle norme, delle leggi. Applicato al campo psico-pedagogico tale concetto si riferisce ovviamente alle regole di convivenza sociale, e quindi riguarda le competenze che si riferiscono alla capacità del bambino di aver cura del proprio corpo e delle proprie cose, e di saper accettare e interiorizzare le modalità attraverso le quali vengono regolati i rapporti con il mondo esterno, con gli adulti e i compagni.
L’obiettivo dell’educazione e l’interiorizzazione delle regole, l’autodisciplina e la fiducia nelle proprie capacità di fronte ai diversi eventi che si devono affrontare. Ricordiamo che l’obiettivo del bambino è l’autonomia, la stima di sé aspetti dello sviluppo che necessitano di situazioni in cui poter sperimentare le proprie capacità. Se al bambino viene negata ogni esperienza, ogni frustrazione, crescerà senza limiti, senza padronanza di sé e autocontrollo. Imparare a tollerare le frustrazioni è una capacità che è necessaria per tutta la vita. La sola lode, la sola gratificazione non aiuta il bambino a riconoscere limiti, argini e confini della propria impulsività. Tocca all’adulto fare da contenitore alle reazioni istintive del bambino, capirne le ragioni e, con fermezza, fronteggiarle e gestirle.
Aiutarli a diventare autonomi non significa abbandonare i figli a se stessi, ma essere autorevolmente presenti e partecipi delle loro conquiste e delle loro sconfitte. Quello dell’autonomia è un bisogno evolutivo, sano della crescita del figlio. Esso, perciò, non va ignorato o impedito da parte dei genitori, anzi va sostenuto con l’impegno di assecondare, di non ostacolare, come notavamo in precedenza, quello che si può considerare il percorso naturale dell’autonomia.



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